lunedì 17 novembre 2003

Il treno

Alla fine nulla è cambiato, mi guardo intorno e vedo lo stesso paesaggio. I passi seguono un percorso conosciuto da anni. Un percorso riconosciuto come una strada battuta nel deserto, se si potessero vedere le auree la scia luminosa che colara di me lampeggerebbe come impronte di scarpe sporche di colore fosforescente. 15 anni forse di più. lo stesso posto, le stesse scale, stessa metropolitana. Linea due verde.

Lo stesso pazzo ubriaco che urla e strepita sulla carrozza, ma non dice grandi verità come nei libri e nei film, chiede solo monetine per bere ancora un po' di alcool.

lo stesso odore nauseabondo che ti si appiccica addosso come colla fino a quando il tuo naso non lo percepisce più.

La metro mi porta fino in stazione Centrale. Sempre un grande fascino. E ricordo i miei passi di 15enne. I miei passi in questa stazione. I miei passi prima di passare pomeriggi interi davanti all'ingresso di alberghi di lusso in cui alloggiavano i cantanti... la testa piena di speranze e di sogni idioti, e ogni passo che facevo batteva il tempo di un pensiero persistente ... "Quando sarò grande..." tutto era possibile.

Ora sono grande e percorro le stesse scalinate che mi porteranno a prendere un treno stavolta.

Alla fine la ricompensa di tutto il dolore non è malaccio. La sensazione di essere adulta, di essere arrivata ad intuire un pezzo di verità.

Amo la mia stazione. Amo la gente, mi incanto a guardare il traffico di persone che corrono e vanno di fretta. I colori, lingue diverse, lucine colorate che disegnano lettere che dicono cosa può essere un viaggio. Avventura. Viaggio. Riflessione.

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