lunedì 19 aprile 2010

Il buon gusto

Sabato mia nonna era a pranzo da noi e ha voluto vedere il funerale di Raimondo Vianello. Io non sono di quell'avviso, mi è sempre sembrato di guardare dal buco della serratura qualcosa che non mi appartiene, che il dolore debba essere rispettato e non esposto al palcoscenico. Una cosa intima e privata, perché per quanto il personaggio fosse pubblico, il dolore non lo è.
Non è il funerale l'omaggio, trovo più di buon gusto gli speciali e le varie trasmissioni tv. Mio pensiero, mia delicatezza. In tempi di Grande Fratello sono io fuori tempo. Ma quel che mi ha infastidito più di tutto vedendo Lo Spettacolo lo spiega meglio di me Travaglio in questo articolo:



 BIO
19 aprile 2010
Ieri mattina, sciaguratamente, ho acceso la tv e mi sono imbattuto su una rete Mediaset nella telecronaca diretta del funerale di Raimondo Vianello. Del grande attore scomparso, per sua fortuna, non c’era traccia, essendo già ben chiuso nella sua bara. In compenso imperversava dappertutto un altro comico, anzi un guitto tragicomico con le gote avvizzite e impiastricciate di fard fucsia e il capino spennellato di polenta arancione, che officiava la cerimonia, dirigeva le pompe funebri, smistava il traffico delle préfiche, abbassava il cofano del carro, salutava la folla come Gerry Scotti, poi nella chiesetta sbaciucchiava a favore di telecamera la povera vedova pietrificata in carrozzella e cercava di farla ridere con qualche battuta all’orecchio, chiamava i battimani associandosi ai cori da stadio "Raimondo Raimondo" sollecitati da Pippo Baudo: era il presidente del Consiglio.

Sul pratone di Milano2, un maxischermo da concerto rock ingigantiva quelle immagini raccapriccianti esponendole al "bell’applauso" di una folla di curiosi armata di telefonini e videocamere per immortalare la sfilata dei "vip", come sulla banchina di Porto Rotondo e nel dehors del Billionaire a Ferragosto. Infatti, in quel festival di botulini e siliconi, incedeva persino
 Lele Mora (Luciano Moggi, altromagister elegantiarum, era passato il giorno prima in una pausa del suo processo). Ho sperato con tutto il cuore che al grande Raimondo, impegnato nell’ultimo viaggio, sia stata risparmiata la vista di quello spettacolo sguaiato, volgare, fasullo: l’esatto contrario della sua vita garbata, elegante, ironica e autoironica. L’estremo oltraggio.

Vianello era, politicamente, un berlusconiano. Ma, antropologicamente e artisticamente, era l’antitesi vivente del berlusconismo. Infatti han dovuto aspettare che morisse per coinvolgerlo, ormai impotente e incolpevole, in una baracconata invereconda che ricorda il feroce episodio de "I nuovi mostri" firmato da
 Scola, in cui Sordi, guitto di provincia, recita l’elogio funebre del capocomico al cimitero, sul bordo della tomba, rievocandone le battute più grasse e pecorecce mentre tutt’intorno si applaude e si sghignazza. Gli storici del futuro che tenteranno di interpretare l’Italia di oggi non potranno prescindere da quelle immagini, perché difficilmente troveranno miglior reperto del nostro tempo: l’epoca dei senza pudore e dei senza vergogna. Una bara sequestrata da un anziano miliardario squilibrato, malamente pittato da giovanotto, che si crede Napoleone e monopolizza la scena con la stessa congenita volgarità con cui, proprio un anno fa, passeggiava sui cadaveri dell’Aquila accarezzando bambini, baciando vecchie, promettendo case e dentiere nuove per tutti.

Una povera vedova incerottata e distrutta dalla malattia e dal dolore esposta alle telecamere e ai megascreen mentre mormora “Raimondo, io sono qua” senza neppure il diritto di farlo sottovoce, in penombra, lontano da microfoni, occhi e orecchi invadenti, pronti a trasformare tutto in "gossip". E, tutt’intorno, nessuno che notasse lo scempio. Nemmeno un consigliere che suggerisse al capo un po’ di raccoglimento, di compostezza, di silenzio, o gli spiegasse che ai funerali non c’è niente da ridere nè da applaudire. Men che meno ai funerali di Vianello, al quale bastava e avanzava il bellissimo necrologio bianco dettato dalla sua Sandra. "Berlusconi – scrisse un giorno 
Montanelli – è talmente vanesio che ai matrimoni vorrebbe essere la sposa e ai funerali il morto".

Infatti, anche per evitare di ritrovarselo cianciante alle sue esequie, il vecchio Indro lasciò detto nelle sue ultime volontà: "Non sono gradite né cerimonie religiose, né commemorazioni civili". Forse Berlusconi non se n’è accorto, ma ieri ha seppellito sguaiatamente l’ultimo berlusconiano elegante e ironico rimasto in circolazione. Se lo capisse, se ne preoccuperebbe più che per il divorzio da 
Fini. Ma, se lo capisse, non sarebbe Berlusconi.

Da il Fatto Quotidiano del 18 aprile



(Nota a margine: ma se davvero Vianello era così elegante, cosa avrebbe pensato della camera ardente negli studi di mediaset?)

1 commento:

  1. Noi non potevamo "vederlo" ma lui stava "sussurrando" (non era da lui urlare credo..) CHE SCHIFO!

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