mercoledì 24 agosto 2011

una piccola parte della Famigghia
Eravamo felici?
Non lo so.
A quel tempo forse no, ma nel ricordo dell'infanzia le cose si addolciscono e ogni cosa è intrisa della comicità che viene dal ricordo.
Ci ho pensato oggi, il mare. Le case in affitto in tre famiglie minimo.
Papà che mi insegnava a nuotare ed io pensavo volesse affogarmi.
Il salvagente, i braccioli e poi le pinne.
Nuoto ancora così, come se avessi le pinne ai piedi.
L’incanto del mare sott’acqua in cui c’erano ancora mille pesci diversi.
Mamma e il formaggio sul fornello. Era buono, forse perché era fatto di amore.
E i cugine, quella enorme famiglia.
Le lumache se pioveva, dividersi i soldi se mancavano, i viaggi in treno infiniti.
Il canotto e il nonno che era sopravvissuto alla guerra ma che aveva paura dell’acqua.
C’era sempre molto rumore. Un chiacchiericcio continuo.
Le balere e loro ubriachi.
Ci ho pensato tanto.
mi son detta, ora li chiamo quei cugini, quelli che io ho imboccato. Quelli dell’aeroplano per farli mangiare. Quelli dei giochi e dei dispetti.
Castelli di sabbia e pane e nutella.
Ma siamo cresciuti.
Non abbiamo più niente da dire, da condividere.
Che rimanga lì il ricordo, in quelle foto ingiallite, in quei filmati senza suono. Cristallizzati nel tempo della mia felicità.

1 commento:

  1. le nostre foto (quelle mie e dei miei cugini) sono decisamente più terremotate. Mi ricordano di un tempo in cui si prendevano le stanze in affitto e non gli appartamenti, in cui saltava l'acqua (in sardegna veniva razionata e non tutti erano organizzati con i depositi d'accumulo) e mio padre insaponato inveiva contro la padrona di casa, o quando, lui e il cognato, ubriachi non si muovevano più dal gradino di fronte alla porta del residence. Ricordo i pranzi infiniti nelle pinete di fronte alla spiaggia, mio fratello che in mancanza di carta igienica si ripuliva come poteva e le prese in giro di noi sorelle e dei miei cugini. Loro, i nostri padri non ci sono più. Chi è morto e chi non lo è, ma è come se lo fosse. Le madri portano le stigmate di sofferenze che ai tempi non potevano neanche immaginare. Noi, i figli, i cugini, ci siamo ancora, il legame resiste, con gli alti e bassi dovuti alle ovvie fasi della vita. Resta comunque la nostalgia e il rimpianto per un clima familiare e una semplicità che non potremmo ricreare per i nipoti

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